L’intervento alla prostata: quando effettuarlo. - Il Dottore Risponde (2024)

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Dott. Franco Fanciullacci

Membro della Società Italiana di Urodinamica (dal 1988 al 1994) e della Società Medica Italiana di Paraplegia (dal 1986 al 1992).

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È sempre preferibile la terapia medica, quando possibile, all’intervento alla prostata

Per capire in cosa consiste un eventuale intervento alla prostata, dobbiamo conoscere a grandi linee l’anatomia e i disturbi correlati ad una patologia prostatica. E quali sono le principali malattie della prostata.
In questo articolo, parliamo di:

  • La ghiandola prostatica
  • Le patologie suscettibili di intervento alla prostata
  • Cos’è l’IPB
  • La prostatite richiede l’intervento alla prostata?
  • Ipertrofia prostatica e operazione alla prostata
  • Quando sottoporsi ad un intervento alla prostata
  • Malattia infiammatoria pelvica
  • TURP o intervento alla prostata a cielo aperto?
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La ghiandola prostatica

La ghiandola prostatica si trova al crocevia fra apparato urinario e apparato genitale maschile.
In un uomo normale la ghiandola prostatica ha le dimensioni di una castagna e si trova allo sbocco della vescica (outlet o collo vescicale). L’uretra prostatica ci passa in mezzo e trasporta l’urina durante la minzione. La vescica urinaria agisce come un serbatoio di buona capacità, immagazzinando l’urina ed espellendola volontariamente durante minzione. Il sistema garantisce la continenza urinaria fra una minzione e l’altra; nonché uno svuotamento vescicale completo durante minzione volontaria. Questo avviene in quanto la vescica si contrae e le strutture sotto-vescicali si rilasciano. Strutture che sono costituite dallo sfintere urinario esterno e dalla ghiandola prostatica con la sua muscolatura liscia. Il funzionamento dell’unità vescica-prostata è sotto il controllo del Sistema Nervoso Centrale, sia durante la fase di riempimento, che durante la fase di svuotamento. Perché si parli di intervento alla prostata è necessario che una patologia prostatica ne alteri il normale stato.

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Le patologie suscettibili di intervento alla prostata

Quindi una malattia che dia un ingrandimento e/o una infiammazione della ghiandola prostatica può alterare il quadro minzionale (vedremo poi come) e obbligare, in alcuni casi, il paziente all’intervento alla prostata.
Inoltre i dotti deferenti che trasportano il liquido spermatico durante l’eiaculazione sboccano proprio nella prostata. Quindi la prostata è un organo genito-urinario, non solo urinario. Questo per ricordare come una malattia a carico della prostata può dare dei sintomi a carico dell’apparato sessuale, non solo urinario. Per esempio sangue nello sperma (emo-spermia) e/o disfunzione erettile (prostata e sua influenza sull’erezione).
Le principali malattie di cui soffre la ghiandola prostatica sono l’ipertrofia prostatica benigna (IPB), l’infiammazione (prostatite) e il tumore della prostata (adenocarcinoma prostatico o PCA). Quest’ultimo accompagnato da familiarità.


Cos’è l’IPB

L’IPB consiste nell’ingrandimento benigno (ipertrofia) della ghiandola prostatica, per un accrescimento della sua parte interna. Dalla grandezza di una castagna la dimensione della prostata può diventare quella di una arancia o di un melone (casi rari questi ultimi). Si può immaginare una voluminosa IPB come una arancia, in cui la polpa è la parte che è cresciuta, mentre la buccia è la restante parte della prostata che viene schiacciata e compressa dalla parte che si è ipertrofizzata (vedere figura sotto – in cui si mostra anche la compromissione dell’alto tratto urinario, sotto forma di dilatazione, dovuta alla ritenzione urinaria e alle alte pressioni di svuotamento, determinate da una cospicua ipertrofia prostatica).
Si può comprendere come una operazione alla prostata consista, in questo caso, essenzialmente nel togliere la polpa dell’arancia e nel lasciare in sede la buccia. Come questo possa essere fatto lo vedremo parlando delle varie tecniche chirurgiche.
Mentre nell’adenocarcinoma prostatico, ove si decida di operare il paziente, l’intervento consisterà nell’asportazione dell’intera prostata.

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La prostatite richiede l’intervento alla prostata?

La prostatite consiste in una infiammazione (acuta o cronica) della ghiandola prostatica: vasodilatazione, edema, infiltrati leucocitari di vario tipo, ecc… Non è necessariamente batterica, ma può essere anche una prostatite abatterica.
Per quanto riguarda la prostatite, diciamo subito che il suo trattamento è medico. Non richiede quindi un intervento alla prostata, a meno che non coesista con una IPB sintomatica e allora, in questo caso, il trattamento sarà quello di una IPB. I sintomi tipici di una prostatite sono quelli dell’ipertrofia prostatica più dolore e/o bruciore di vario tipo.
Il trattamento della sola prostatite non comporterà un’operazione alla prostata, ma sarà a base di antibiotici nelle forme batteriche (acute e croniche). Nelle forme abatteriche esso sarà a base di alfa-litici, anti-infiammatori, anti-dolorifici se occorre, acido ialuronico e simili, anti-depressivi se vi è un coinvolgimento dell’umore (per es. nei casi di lunga durata); nonché di esercizi di fisio-chinesi-terapia del piano perineale (biofeedback).
Anche nell’ipertrofia il trattamento deve essere, se possibile, medico e non chirurgico. Dove possibile è quindi opportuno evitare un intervento alla prostata.


Ipertrofia prostatica e operazione alla prostata

Dalla descrizione fatta prima, si comprende come una ipertrofia prostatica possa dare sintomi minzionali di tipo ostruttivo (riduzione del flusso), ma anche di tipo irritativo (instabilità vescicale -frequenza/urgenza/nicturia). Le dimensioni della prostata sono solo in parte correlate con i sintomi minzionali riferiti dal paziente. Cioè si possono avere prostate piuttosto grosse, con sintomi ben sopportabili, oppure può essere vero il contrario. Più che le dimensioni della prostata, o, meglio, oltre alle dimensioni della prostata, quello che conta nel determinare i sintomi del paziente è la forma della prostata stessa. Ad esempio un voluminoso lobo medio accentua senza dubbio la sintomatologia, ostruttiva ma anche irritativa. È più probabile che in questi casi sia necessario ricorrere ad un intervento alla prostata.
Il trattamento medico dell’ipertrofia è basato soprattutto su farmaci alfa-litici, che rilasciano le strutture muscolari lisce della prostata e del collo vescicale, favorendo la minzione e facilitando lo svuotamento vescicale. Inoltre riducono anche la irritabilità vescicale e i sintomi conseguenti (frequenza/urgenza/nicturia). Inoltre hanno preso piede oggi giorno gli estratti di piante (Serenoa, Pygeum, Ortica, Epilobio, Semi di lino) per la loro azione anti-proliferativa, antinfiammatoria e, in parte, anche anti-androgena. Ci sono poi i farmaci cosiddetti inibitori della 5-alfa-reduttasi (Finasteride e Dutasteride) che sarebbe meglio usare in pazienti anziani e in prostate molto grosse e con sintomi importanti. Sono farmaci questi ultimi che possono avere effetti collaterali di un certo peso.
Quando la terapia medica non è sufficiente si deve ricorrere ad un intervento alla prostata. L ‘operazione alla prostata consiste più o meno, nell’asportare la polpa, la parte ipertrofica, dell’arancia e nel lasciare in sede la buccia. Questa similitudine, un po’ approssimativa, aiuta i non addetti ai lavori a capire meglio di cosa stiamo parlando.


Quando sottoporsi ad un intervento alla prostata

Si devono ricordare le immagini dell’anatomia prostatica: la prostata, da una castagna quale era, è diventata nel tempo una arancia più o meno grande. Come abbiamo già detto le dimensioni della prostata, in caso di ipertrofia, sono variabili, con possibile interessamento dell’alto tratto urinario. La decisione di effettuare un intervento alla prostata non viene presa solo in base alle dimensioni, ma soprattutto in base ai sintomi.
Sintomi che possono essere sia irritativi (frequenza minzionale aumentata, urgenza e nicturia), che ostruttivi (flusso lento e intermittente, svuotamento incompleto fino alla ritenzione completa). Nei casi di ritenzione completa il paziente va gestito con un catetere a permanenza, fino al momento dell’intervento alla prostata. Ci sono pazienti che sviluppano nel tempo un vero e proprio globo vescicale, cioè una vescica piena di urina, che arriva a contenere fino a 2000 ml (2 litri)! Inoltre in caso di ipertrofia, soprattutto in presenza di residuo di urina, si possono sviluppare calcoli vescicali e infezione: in tal caso l’indicazione chirurgica diventa assoluta.


Come avviene l’intervento alla prostata

L’intervento alla prostata può avvenire in 2 modi: gli interventi cosiddetti a cielo aperto (chirurgici) e quelli endoscopici.
Tra gli interventi a cielo aperto, l’operazione alla prostata chiamata “adenomectomia retropubica secondo Millin” è una delle più eseguite.
In questo intervento alla prostata, il paziente viene posto supino sul tavolo operatorio in anestesia generale (ma anche spinale nei casi più favorevoli). Si incide l’addome in regione ipogastrica (al di sopra del pube), con una incisione longitudinale o trasversale (a seconda delle preferenze), divaricando i muscoli retti dell’addome e arrivando sulla vescica urinaria e sulla prostata. La prostata, ovviamente molto ingrandita per l’ipertrofia, viene quindi incisa trasversalmente (previa emostasi preventiva) e, attraverso la breccia così ottenuta, si enuclea la parte ipertrofica (detta anche adenoma prostatico), prima con forbice e poi con manovra digitale. Per parafrasare: la nostra arancia viene incisa trasversalmente sulla buccia e la polpa viene estratta attraverso l’incisione. Questo tipo di intervento permette di non aprire la vescica e di dominare il letto prostatico (cosa utile da un punto di vista emostatico). Si pone poi un grosso catetere in vescica, con grosso palloncino, e si ricostruisce con punti staccati la buccia della nostra arancia. Il catetere va tenuto per almeno 5 giorni. A volte si applica un lavaggio continuo in vescica (il catetere è a 3 vie) ed eventualmente una trazione sul catetere per favorire l’emostasi.
Vi sono altri metodi di intervento alla prostata per via chirurgica (a cielo aperto), per esempio per via trans-vescicale, ma l’adenomectomia secondo Millin, prima descritta, è probabilmente la più affidabile.
Da quanto detto, appare chiaro che un intervento alla prostata a cielo aperto è particolarmente indicato nelle ipertrofie prostatiche di grosse dimensioni.
L’intervento alla prostata di tipo endoscopico, più classico e collaudato, è la cosiddetta TURP o TUR prostata (resezione prostatica trans-uretrale). Si introduce un cosiddetto resettore in vescica, con lavaggio, visione ottica e ansa diatermica, con la quale l’ipertrofia (o adenoma prostatico) viene tagliata via, fetta a fetta. L’energia usata è la corrente elettrica, sia monopolare che bipolare. Vi è una energia per il taglio e una per il coagulo, con valori regolabili. Il problema di questo tipo di intervento alla prostata è il riconoscimento dei piani giusti per il taglio (non si deve andare oltre la pelle dell’arancia, per ritornare agli esempi precedenti) e il controllo del sanguinamento, che a volte può essere intenso e compromettere la visione.

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TURP o intervento alla prostata a cielo aperto?

La TURP è certamente più elegante della chirurgia a cielo aperto e il trauma subito dal paziente è minore. Tuttavia la visione, causa sanguinamento, non è sempre agevole e pertanto la resezione di grossi adenomi richiede una esperienza e una bravura notevoli da parte dell’operatore. Si capisce anche come più grande è l’ipertrofia, più è difficile e lungo questo tipo di operazione alla prostata. Anche in questo intervento alla prostata si dovrà tenere il catetere a 3 vie per qualche giorno, eventualmente con lavaggio continuo.
Negli ultimi anni hanno preso piede interventi di resezione prostatica con Laser. Il termine Laser significa “amplificazione della luce per emissione stimolata di radiazione”. Si tratta più semplicemente di energia radiante emessa da una fonte che può essere un solido, un liquido o un gas. Questa energia radiante è di tipo ondulatorio con una propria lunghezza d’onda. Ogni Laser emette una radiazione con un proprio colore (monocromaticità) ed è caratterizzato da una lunghezza d’onda ben definita e stabile.
L’introduzione dell’energia Laser negli interventi alla prostata, naturalmente per via endoscopica, ha portato dei miglioramenti tecnici e, conseguentemente, anche clinici. Per esempio il sanguinamento appare molto ridotto, permettendo di abbreviare i tempi dell’intervento alla prostata, ma, soprattutto, di eseguirlo con maggior precisione. E abbreviando il decorso post-operatorio.
Ci sono vari tipi di Laser: Olmio, Tullio, Grenn Light, che permettono soluzioni tecniche diverse (ad esempio vaporizzazione del tessuto prostatico oppure resezione vera e propria). Questo tipo di intervento alla prostata eseguito col Laser dovrebbe permettere degenza di minor durata e recuperi più veloci.

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Si ricorda che in nessun caso, visto la natura del servizio, questo può essere inteso come sostitutivo di una visita medica e del parere del proprio curante/specialista. Si ricorda che in caso di disturbi/malattia/sintomi gravi è necessario ed indispensabile ricorrere all’intervento medico nel più breve tempo possibile utilizzando la numerazione nazionale telefonica di emergenza oppure recandosi direttamente in PS. I tempi di risposta (via email) dipendono dal nr. di domande ricevute.

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